di Ettore Cerutti

La mia amicizia con Marchetti e la dimestichezza con la sua arte dipendono, in gran parte, dalla curiosità suscitata in me dal suo temperamento, generoso
spesso fino alla dissipazione del proprio lavoro e talvolta incurante di “amministrarsi”.
Comunque restò per me sempre eccezionale e stupefacente la libertà e varietà di mezzi con cui egli aggredì la sua passione artistica, con elaborati ad un tempo raffinati e barbarici, schietti ed impetuosi, tutti risolti con enorme impeto ed entusiasmo. Specie nella scultura su rame e su ferro egli parve sfogare questo suo primo ordito, genuinamente primitivo, ma favoloso e poetico, e non è facile ridire del fascino di queste grandi scheggiature di ferro e di rame, di questi temi di guerrieri ed in specie il Don Chisciotte a tutto sbalzo, fatti senza l’Ausilio di una cultura profonda e cosciente, senza avere mai letto Cervantes, ed unicamente affidatosi ad un mondo di favole raccontategli ed assunte d’acciaio, ma non per questo meno sentite e potenti, e rese come una furente soffocazione plastica.
D’altra parte fu proprio questo impetuoso lavoro di ricordo e di fantasia ad avvertire l’artista dell’esigenza di una maggiore leggibilità figurativa, della ricerca di un rapporto molto più elegiaco e tranquillo.
Quando il mondo poetico dovette apparirgli interiormente provvisorio, ebbe a constatare che questa provvisorietà faceva tutt’uno con le forme che egli aveva più accettate di quanto non se le fosse conquistate personalmente, anche se l’accettazione era stata entusiastica.
Da allora affiora il problema di una compiuta digitazione interiore, di un’esigenza costantemente sentita di formazione, spirituale, che solo attraverso la pittura poteva trovare inevitabilmente il rinnovo di tutto il suo mondo come radice vitale del suo sentire, direzione questa assunta sempre più coerentemente e con lucida ed appassionata fede.
Io credo che non si possa meglio definire l'opera pittorica di Marchetti che uno stupendo viaggio negli infiniti mondi dello spirito. Egli riesce sempre a darci, in una ben equilibrata ed armoniosa spazialità, una profondità di sentimenti che nei toni lievi, caldi vibranti, tesi ad evocare i suoi soggetti in un alone di poesia pura, si esprimono amorosamente, e diremmo, religiosamente.
In lui colpisce il vigore delle idee che si impone ai sensi e che veste di concreto i fantasmi dell'immaginazione; è evidente inoltre lo sforzo continuo di impoverire e sdrumare il colore nel fine certo di imporre la costruzione e l'offerta di un'infinità di sentimenti e di splendori di bellezze, che dagli occhi scende dentro l'anima castigando ogni tentazione d'effetto e di eccesso cromatico. La sua pittura nasce quindi da un travaglio, da un anelito verso una purezza assoluta.
Occorre riconoscere all’artista quale atto di coerenza col lavoro sin qui svolto, che da un iniziale furore creativo, molte volte drammatico nella ricerca di un rapporto realtà-poesia che trovasse soluzione nella sua coscienza, egli può avere anche sbagliato talvolta, ma ha continuato a sperimentare con vivezza, impegno e sincerità sino a dare senso e dignità alla sua meditazione estetica.
Milano 27 marzo 1976

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